Modi erronei di porsi e parlare con i giovani sono spesso trasmessi involontariamente e inconsciamente da una generazione all’altra, portando con sé errori comunicativi che sono di disturbo ad una corretta ed armonica relazione profonda nei loro confronti.

Impedendo loro di sentirsi pienamente accettati ed in grado di aprirsi ad esempio con i loro familiari per esporre problematiche e dubbi rispetto alla loro crescita, andranno a cercare altrove modelli con cui potersi identificare e confrontare, in questa fase delicata della crescita quale è l’adolescenza.adolescente dubbio

Anche modelli erronei trasmessi soprattutto con l’esempio concreto delle azioni e dei comportamenti, che non vengano saputi utilizzare come modelli di fascino e quindi da voler – e poter – emulare, è una delle azioni maggiormente sottovalutate nei processi educativi, per chiunque abbia oggi questo ruolo, dagli insegnanti, ai genitori, agli educatori, ai nonni.

Esistono vari tipi di adolescenti così come vengono concepiti anche secondo alcuni stereotipi culturalmente trasmessi, che impediscono di vedere e apprezzare la natura ricca e colma di energia trasformatrice presente nei ragazzi, che a volte hanno necessità solo di un ascolto vero e profondo delle loro richieste, anche sottaciute, senza essere invadenti e voler entrare nel loro mondo privato ancora in costruzione, con stratagemmi o violenze che portano solo alla fuga o alla chiusura.

Esistono forme di comunicazione più efficaci per instaurare dialoghi più produttivi ed autentici coi ragazzi, senza porsi su inutili piedistalli e riempirli di parole e concetti astratti, teorie e prediche che potevano essere adeguati forse per le generazioni precedenti, puntando invece sull’efficienza del dialogo dato anche con l’esempio, sulla fascinazione di modelli vincenti e rappresentanti stili di vita sereni, riusciti e felici. E puntando (ahimé) anche alla velocità, alla sintesi e alla concretezza veloce. I ragazzi sono abituati, per loro natura ma anche grazie all’utilizzo di Internet, ad avere risposte immediate, concrete, spendibili subito nel quotidiano, e mal sopportano le teorie astratte e che sentono distanti dal loro mondo.

L’esempio concreto lo cercano in modelli simili a loro, che per alcuni aspetti sono assimilabili a qualche loro tratto o presentano caratteristiche sufficientemente vicine da poter essere riproducibili, anche se in piccola parte.

Cercano un esempio ma non devono sentire ovviamente il genitore come un “amicone” che si rivolge a lui/lei scimmiottando il gergo adolescenziale pur di avere un contatto e un punto di incontro comune, o che si comporti in maniera irresponsabile e incosciente solo perché risultaauterevole più “figo” e affascinante.

La magia dura ben poco, il genitore deve restare genitore, modello autorevole, con i suoi punti fermi sulle regole e il concetto di disciplina (più o meno rigido ma con un pizzico di buon senso e adattabilità).

Il tema, ad esempio, ancora molto scottante, della sessualità, dei primi incontri e amori adolescenziali, dei timori e delle ansie genitoriali rispetto ad una nuova fase della vita dei loro figli, è ancora tenuto distante e inavvicinabile per la stragrande maggioranza dei genitori; su come proporsi anche qui, come modelli di riferimento privilegiati, come affrontare determinate tematiche e domande poste dai figli, degli imbarazzi e pudori trasmessi inconsciamente dalla cultura o da una mancata e carente educazione in tal senso, che inevitabilmente ci ha resi “analfabeti” di tali argomenti e con le conseguenti difficoltà.

I ragazzi, per loro naturale curiosità, propendono, mancando loro un riferimento in famiglia, a cercare altrove informazioni a loro necessarie e vitali per capire o per essere accettati dal gruppo, utilizzando nuovi mezzi come Internet, le chat, i vari siti che nulla hanno di scientifico e sicuro, o lo scambio tra coetanei, favorendo però il perdurare e il propagare di stereotipi, luoghi comuni, falsi miti e leggende metropolitane che altro non fanno se non mettere ansia, trasmettere idee erronee su concetti importanti quali la prevenzione delle malattie o delle gravidanze indesiderate, l’omosessualità e il tanto temuto “gender”.

Quest’ultimo è un concetto che sin dalla primissima infanzia deve risuonare nella mente degli educatori e di chi si occupa dei più piccoli, semplicemente come un monito: un monito a tenere d’occhio le singole inclinazioni, sfumature, caratteristiche specifiche di ogni singolo bambino, che giustamente e naturalmente dovrà seguire le proprie attitudini siano esse relative al mestiere che vorrà intraprendere da grande, siano esse relative al tipo di vestito da indossare, siano esse su chi amerà da grande, e non solo. Perché di questo si tratta, di far seguire ai figli o studenti o allievi, le proprie inclinazioni, è un loro sacrosanto diritto, non sono “ramoscelli da raddrizzare” per avere una siepe ben ordinata, né soldatini da addestrare, e se vogliamo un mondo più ricco, popolato da persone più serene, consapevoli e sicure della propria identità, dobbiamo fare il passo più difficile: renderli liberi di scegliere.

Fermo restando che l’omosessualità non è una scelta, non lo è, i ragazzi devono sentire di poter essere liberi di pensare che se andranno in una direzione a loro più vicina e che sentono più affine, non saranno giudicati né isolati o condannati. La loro natura un giorno uscirà comunque fuori con prepotenza e i problemi veri potranno sorgere successivamente, e gli stessi ragazzi andranno ad affollare gli studi dei professionisti come me, che solitamente vedo ragazzi che ancora soffrono problemi di non accettazione, proprio da parte di chi gli è più vicino – o dovrebbe esserlo -. Una famiglia da cui ci si dovrebbe rifugiare e da cui sentirsi sostenuti ma che invece diventa una trappola da cui fuggire e da cui, al contempo, si è affettivamente legati, lascia nell’impossibilità inconscia (e dolorosa) di fuggire.

Le mamme che ho incontrato durante i corsi che ho tenuto o in studio, raccontano la loro difficoltà a prendere contatto con la loro parte emotiva relativa anche all’educazione sessuale ricevuta, o le loro concezioni rispetto alla sessualità in genere, e la difficoltà a distaccarsi da quello che la religione dominante (qui e oggi) comanda e prescrive; per quanto si professino laiche ed indipendenti da dogmi o morali preconcette, resta loro attaccato addosso il sentimento di aver fatto qualcosa di sbagliato, o il timore che lasciare i figli troppo liberi significa che diventeranno per certo dei degenerati, degli omosessuali, dei trans, con tutte le relative confusioni e assurdità rispetto a questo gran calderone di possibilità in cui sono immerse.

La confusione non è certo alleggerita da tutti questi polveroni alzati dai massmedia che chiedono sempre, sottilmente o meno, di schierarsi in fazioni contrapposte e nemiche.

Se anche per l’OMS l’omosessualità non è considerata (da tempo!) una malattia, se anche in natura esistono animali che cambiano sesso, o che presentano varianti e mutazioni di sesso durante la loro vita, adattandosi all’ambiente circostante, se persino i bambini piccoli possono già chiaramente far comprendere agli adulti cosa preferiscono e cosa scelgono, avendo già dei loro gusti ben precisi e inclinazioni già visibili, perché dovremmo ancora temere ciò che è parte della naturale variabilità del genere umano? Questo è l’unico genere che conosco, con tutte le sue mille sfumature. La paura sottostante, su cui porsi domande, è forse maggiormente relativa ai giochi di potere e al controllo delle masse? al timore di disgregazione della società, se a questa leviamo o indeboliamo organizzazioni stabili o stabilizzanti (e controllabili) come la famiglia patriarcale, modello dominante per secoli e che non ha ancora un sostituto ufficiale?

Le relative riflessioni su come altri organismi di potere si inseriscano in questi equilibri per gestire e/o controllare, le lascio a voi e alle vostre menti intelligenti.

Dottoressa F. Giromella


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