Si stima che un terzo delle persone che superano i 60 anni di età sperimentano quella che è stata definita “crisi di mezza età”. Ormai è un dato accertato, inoltre, che la vita media degli individui, in particolare nella nostra società, si sia allungata di molto e, al contempo, anche la qualità sia migliorata di pari passo. Ma è davvero così per tutti?
Nonostante i fattori di miglioramento oggettivi, la crisi esistenziale può sopraggiungere se le persone arrivano a dover affrontare questo momento di passaggio non adeguatamente preparati.
Ad esempio se si vanno ad analizzare i risultati e i traguardi conseguiti nella propria vita nell’ottica spietata di dover ottenere resoconti puntuali, distorti però da elementi depressivi o nostalgici, o se si è eccessivamente severi con se stessi, ci troveremo a sperimentare insoddisfazione per ciò che non si è portato a termine, per ciò che avremmo potuto fare, per ciò che ancora non si è riusciti a raggiungere, e così via.
Se poi intervengono motivi di salute invalidanti, o se, come sempre più frequentemente accade, esistono problematiche legate al lavoro quali pensionamenti anticipati e forzati, tagli che immancabilmente contribuiscono a far sentire l’anziano un peso, una zavorra, più lenta rispetto al gruppo delle nuove generazioni che sembrano muoversi ad un’altra velocità…. Tutti questi fattori non giovano all’eventuale idea, auspicabile, di dover rifiorire, al progetto di vivere una nuova età d’oro, liberi da impegni e più saggi e sereni.
In generale chi si avvicina alla terza età, all’età “pensionabile”, se non ha mai riflettuto su ciò che lo attende in modo realistico, sugli inevitabili limiti di salute che il proprio corpo impone, può sperimentare senso di fallimento, di rimpianto, stati d’ansia o preoccupazione rispetto ad alcuni nodi centrali quali:
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il funzionamento corporeo o della propria sessualità;
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ansia rispetto al futuro e sul senso del proprio valore aggiunto alla società;
- ansia sulla propria indipendenza e autonomia.
Questi fattori portano a catena al verificarsi di alcune condizioni possibili, quali:
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aumento dell’incidenza dei tentati suicidi;
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tematiche di lutto e solitudine per la perdita di amici e/o familiari;
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dipendenza da alcol o sostanze psicoattive e psicofarmaci;
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insonnia o problemi del sonno in generale;
- sintomatologie depressive per eventuali restrizioni alimentari.
Altre difficoltà possibili sono strettamente connesse al fatto di dover affrontare questo momento di transizione, di passaggio verso un’altra fase della vita abbandonando alcune priorità e prendendo le distanze da determinate tematiche e in cui occorre cercarne di nuove, più stimolanti e pregne di senso.
Far comprendere all’anziano che si può entrare in una fase diversa ma altrettanto densa di significati e piaceri è l’obiettivo da porsi nel momento in cui si ipotizza e programma un percorso di psicoterapia con loro. Tra l’altro molte ricerche stimano che l’anziano tenda a prendere la psicoterapia molto seriamente, poiché arriva ad un elevato livello di consapevolezza, calma e riflessività intorno ad alcune tematiche di importanza centrale.
E’ stato anche osservato che non si perde affatto motivazione ed entusiasmo nell’affrontare una terapia, e che spesso i pazienti più anziani portano con sé l’effetto aggiuntivo di arricchire la terapia con narrazioni intense, vissute in maniera approfondita, e hanno molto da insegnare a loro volta, rendendo il rapporto terapeuta-paziente piacevole e ricco di spunti.
In fondo uno degli obiettivi da tenere in considerazione nel trattamento con l’anziano è proprio il desiderio e la possibilità di questi di trasmettere conoscenza, di sentirsi in tal modo ancora utile alla società, poiché fonte di esperienze di vita vissuta. Si parla sempre di ciò che viene perso, ma se ci focalizzassimo invece su ciò che si guadagna? Vediamo quindi che gli anziani hanno:
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maggiore consapevolezza e contatto con se stessi;
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maggior possibilità di tempo libero da utilizzare per coltivare hobby e passioni nuove;
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modalità più mature di entrare in relazione con un terapeuta;
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possibilità di dedicarsi a eventuali nipotini;
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possibilità di analizzare i risultati conseguiti nell’arco di una vita intera, gli obiettivi raggiunti e la possibilità, in base a questi, di elaborarne e idearne di nuovi;
- libertà dalla gestione dei figli, ormai indipendenti, e nuove possibilità di autonomia e libertà;
- possibilità di fare esperienze nuove senza freni e timori particolari.
In particolare la psicoterapia può essere un efficace mezzo per restituire qualità e senso alla vita dell’anziano. Apporterebbe tutti i benefici solitamente previsti ad ogni età ma con l’aggiunta della riscoperta di nuove potenzialità, del senso di conforto e compagnia di un confidente d’eccezione, che porti l’attenzione sulle nuove possibilità focalizzandosi su di esse piuttosto che sugli inevitabili limiti e restrizioni.
La persona ormai libera da lavoro e figli può concentrarsi su se stessa e la propria felicità, può compiere esperienze intense ancora non provate prima senza doversi preoccupare eccessivamente per il futuro, può sperimentare situazioni nuove e stimolanti, purché conservi la giusta curiosità e l’atteggiamento positivo verso il futuro.
La vita sessuale inoltre può ancora essere vivace e si può vivere con maggiore serenità, magari con tempi e modalità differenti ma pur sempre appaganti.
Avere qualcuno a cui raccontare le proprie esperienze di vita, mantenendo elevato il piacere della trasmissione all’altro-da-sé di storie e racconti che arricchiscano le vite altrui, che possano essere di insegnamento, trovare contesti giusti in cui ciò è reso possibile, dovrebbe essere il compito principale per la persona che si avvicina ai 60-70 anni, lo scopo da elaborare e preparare con attenzione.
Si deve ipotizzare e immaginare del tempo impiegato per attività culturali, per viaggi, attività di volontariato, o semplicemente di studio e approfondimento di passioni e interessi che durante la vita lavorativa erano stati accantonati per mancanza di tempo. Si deve cercare e coltivare intorno a sé una buona rete di relazioni interessanti e attive, che siano stimolanti ma soprattutto affettuose.
La vita ad ogni età ha in serbo per noi sensi e significati diversi, se ci si attacca morbosamente all’idea che solo da giovani si può essere felici, allora saremo destinati a vivere la terza età pieni di rimpianti e nostalgia, inevitabilmente depressi. Invece ogni fase della vita ha determinate caratteristiche peculiari che vanno scoperte ed assaporate, se pensiamo che la nostra cultura non valorizzi l’anziano, progettiamo le nostre vite facendo in modo di cambiare eventualmente paese. Parliamo però di progetti a lungo termine a cui occorre pensare quando ancora si è più giovani. Sta di fatto che siamo noi stessi i primi a dover valorizzare ciò che possediamo, ciò che abbiamo imparato, e apprendere come trasmetterlo senza porci su un piedistallo, ma sicuri di affascinare ancora l’altro.
Conservare quindi modalità seduttive di raccontarsi e raccontare, perché è sempre l’esempio vivente che viene preso a modello da altri, modalità più concreta di far apprendere. E conservare soprattutto una buona dose di curiosità verso il mondo e verso tutto ciò che ancora non si è imparato e conosciuto, mantenendo la giusta flessibilità nell’imparare e nell’osservare ciò che evolve e cambia.
Questi i principali ingredienti per arrivare più sereni e soddisfatti di sé all’età della saggezza.
Dottoressa Federica Giromella
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