Cosa significa, oggi, essere sani?

Essere in buona forma, avere delle analisi del sangue con valori nella norma, essere aperti e disponibili? Essere sempre gentili e pronti al perdono con tutti porgendo la famosa “altra guancia” a chi ci schiaffeggia metaforicamente (e non)? Ma davvero essere buoni con tutti significa davvero essere felici e stabili psichicamente?

Essere tolleranti e accettare tutti, sempre e comunque, è davvero salutare?

Cercare di essere simpatici ad ogni costo, piacere a tutti e soprattutto, farsi piacere tutti, cercando il lato buono in ogni persona chebuddista conosciamo, che sia in ufficio, in palestra, nei luoghi che frequentiamo…

Pensateci, sembra pura illusione, eppure molti professano tale scelta e tale stile comportamentale come necessario per la serenità interiore, per ottenere stabilità, saggezza ed equilibrio.

Eppure, riflettendoci, quella persona che è stata sgarbata con noi al negozio, la signora che con arroganza è passata avanti nella fila che pazientemente e diligentemente stavamo mantenendo…O il tipo in macchina che ci ha tagliato la strada, e che al nostro suonare di clacson fatto per protesta (o per spavento) ci ha anche elegantemente “mandato a quel paese”?

Possiamo, se vogliamo, trovare una spiegazione su tutto, trovare un motivo valido per cui l’altro può essere arrabbiato, comprendere appieno le sue scelte e giustificare le ragioni anche di chi commette qualche reato ad esempio, sui bambini, dicendo che magari da piccolo quell’uomo ha subito le stesse violenze…ma una parte di noi scalpita e si ribella a tale pensiero, alcuni ne sono anche raccapricciati e sgomenti, perché?

Forse perché non siamo programmati per amare tutti come vuole qualche vangelo, non siamo nati per andare sempre d’amore e d’accordo ma in ogni relazione ci può essere un elemento che si incrina, una difesa che ostacola la buona educazione e l’apertura verso l’altro, la nevrosi ormai consolidata che si trasforma in vera e propria maleducazione che non ci fa vedere la realtà in maniera sempre distesa e aperta.E non ci fa essere sempre belli come vorremmo idealmente.

Semplicemente si diventa male-educati verso l’altro,  intolleranti, per innumerevoli motivi.

E quando i giochi sono fatti, le relazioni ormai impostate, le difese ben articolate e rafforzate da anni di esperienza, lo scambio non potrà più essere genuino, amorevole e cortese con tutti. Siamo nati in un mondo complesso come complesse e variegate saranno le reazioni agli altri, i modi di comportarsi differentemente con chi ci è simpatico, magari solo perchè quel suo sguardo ci ricorda qualcuno che un tempo amavamo, o apprezzavamo…o antipatico e insofferente, viceversa, perché quel suo ghigno o quel taglio d’occhi ci riportano ad un mondo e a qualcuno che disprezziamo…

rabbia

Occorre di volta in volta capire quando siamo frenati da un pregiudizio, o quando invece quella persona che ci è di fronte, è davvero antipatica, distante dal nostro mondo, dai nostri valori, dalle nostre scelte, chiusa nella sua rabbia e nei suoi problemi e quindi…non amarla necessariamente a tutti i costi.

 

Dovremmo forse imparare a usare la rabbia come motore propulsore solo quando è realmente necessaria, quando stiamo subendo un torto reale, una sopraffazione, e capire quando invece restare aperti in attesa di comprendere se c’è una via alternativa, di dialogo o di scambio per cambiare una situazione che così come si presenta non ci piace, quando trovare i giusti compromessi mantenendo la serenità ma anche quando tirare fuori un giusto piglio che ci ricorda tanto l’autoconservazione e l’auto-tutela, un concetto che ha un nome ben preciso: assertività.

Tutto il resto sono difese, nevrosi non ben elaborate e immaturità relazionale. Da cui, a volte, è bene prendere le distanze cercando, nel mondo, chi ci fa stare bene.

Dottoressa Federica Giromella


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