Partecipare e vivere nel “serio gioco della vita“, significa saper conoscere e voler apprendere le regole, ben precise e chiaramente individuabili, di quello che è il gioco più serio di tutti: la vita. Chiunque voglia stare al gioco e mettersi nell’ottica di voler conoscere le regole che ogni situazione e contesto presenta e richiede, può imparare ad interpretarle per destreggiarsi con abilità nuove, e padroneggiare mondi a volte sconosciuti e che comprensibilmente possono anche un po’ spaventare.
Mondi in cui non si è mai entrati, come quando da adolescenti o da bambini, qualche adulto ci parlava con linguaggi a noi estranei, o ci sembrava appartenere a classi sociali e ambienti molto diversi dal nostro e si percepiva quel pizzico di estraneità, che incuriosiva ma perlopiù spaventava, da cui ci si difendeva anche, in parte. Ci si difende infatti tendenzialmente da ciò che non conosciamo, da ciò che non riconosciamo – anche – come familiare e sicuro, dai mondi di cui non abbiamo appreso e di cui non padroneggiamo con scioltezza i linguaggi, le regole, e in cui possiamo ritrovarci spiazzati come in una terra straniera ove si parli una lingua a noi non nota.
Farò un esempio: vivere per una vita in un quartiere elegante, con stimoli a crescere e crearsi cultura e posizione elevate, sollecitati dai familiari all’utilizzo delle buone regole di condotta, padroneggiando educazione ed eleganza nei modi e nell’apparire, ed essere proiettati all’improvviso nei bassifondi di una città povera, nei quartieri periferici dove la gente vive – o sopravvive – utilizzando mezzi a noi sconosciuti e da cui prenderemmo le distanze, che utilizza modi sottili e diversi per comprendersi al volo, dove le priorità di vita sono differenti, ecco, può essere un esempio eclatante e calzante per far comprendere che tale gioco è in realtà il più serio di tutti.
Pretendere in quel mondo, così differente dal nostro, di adottare lo stesso stile di vita che si utilizzava nel primo, fare le stesse richieste, approcciare le persone con modi che consideriamo – superficialmente – universali ma che sembreranno inadeguati, forzati, manieristici o finti, e arrivare alla conclusione che sono gli altri a sbagliare, a non comprenderci, e non riuscire quindi a realizzare ciò che ci si era prefissati di ottenere, è la conclusione più fuori luogo ed errata che si possa immaginare.
Il saper stare alle regole del gioco, del serio gioco della vita, infatti, prevede anche un sano e mutevole adattamento ai vari contesti di vita, al comprenderne gli equilibri sottostanti e saperli quindi gestire, interpretare, prevedere a nostro vantaggio. Ma anche arrivare a comprendere quando aspettarsi alcune cose e quando meno. O quando invece pretenderle perché saranno percepite come richieste adeguate.
Significa conoscere i sottocontesti culturali in cui viviamo, le regole non scritte e non dette che appartengono ad alcuni ambienti o settori, fatte di sfumature di senso che si colgono affinando l’intuito e restando con occhi e mente ben aperti con un atteggiamento di sana curiosità.
Questa comprensione fluida e serena la può dare solo una grande consapevolezza di sé, il cercare di abbassare le proprie difese nei confronti del nuovo e del diverso, ma soprattutto una conoscenza approfondita e sempre disponibile al rinnovamento del mondo e delle sue sottoculture, viaggiare, aprirsi nuovi spazi d’azione, ascoltare e imparare a conoscere gli altri e il loro relativo inconscio culturale, arrivando ad una maggiore padronanza di sé. E la padronanza di sé o degli spazi di mondo in cui poter agire con maggiore disinvoltura non è altro che un maggior potere relazionale, un potere sugli altri con cui interagiamo, togliendo ogni aurea di negatività alla parola “potere”, così tanto spesso abusata e temuta.
In realtà uno dei desideri ultimi di ognuno, andando a guardare a fondo, è proprio il “potere” di agire nelle relazioni con la coscienza che le proprie azioni avranno un peso per gli altri, nelle scelte degli altri, di lasciare un po’ il segno di chi siamo e del nostro contributo all’interno di decisioni condivise e nei micro gruppi in cui ci troviamo inseriti e in cui quotidianamente scegliamo di essere. Tale potere relazionale può solo arricchire e creare relazioni sempre più “vere” e appaganti, da cui sappiamo sempre cosa aspettarci, senza rischiare delusioni o frustrazioni poiché consapevoli dei limiti che incontreremo, o al contrario, delle potenzialità che saranno intraviste e che daranno ulteriori spazi d’azione e intervento.
Dottoressa Federica Giromella
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