Anziché iniziare il consueto articolo suggerendo alle coppie i segreti per mantenere viva la relazione, per riaccendere il fuoco della passione, per non far sopire il dialogo, facendo sì che il partner sia sempre stimolato a parlare con noi e non cerchi altrove le risposte alle sue inquietudini, voglio fornire un vademecum per tutte quelle persone che non riconoscono, all’interno della propria relazione di coppia, gli elementi distruttivi e che a lungo andare logorano il rapporto. Riconoscerli per evitarli.
Vuole essere una sorta di esercitazione a individuarli con esattezza e precisione e comprendere come e quanto vengono attuati, per liberarsene subito dopo.
Credo siamo ormai bombardati di articoli che, sotto mentite spoglie di pseudoscientificità, si arrogano il diritto/dovere di imporre delle regole fondamentali da seguire, pena il completo fallimento dei rapporti e la garanzia di infelicità.
Da come apparire, a come comunicare efficacemente, a come intravedere i segnali di insoddisfazione nell’altro, o su come individuare se lui ci tradisce dal linguaggio corporeo e così via, tutti sono pronti a dare istruzioni sui comportamenti più adeguati, spesso generalizzanti e semplificanti la natura umana, che andrebbe colta e analizzata sempre nella sua completezza e complessità, non dimenticando mai le tanto care sfumature di senso.
Ognuno è differente, ognuno ha delle sue uniche caratteristiche, per cui un occhio di riguardo va posto verso la storia personale di vita, le sue peculiarità e necessità, ma altrettanta attenzione va portata verso la cultura in cui siamo immersi che dà per ovvie e scontate alcune regole e può creare aspettative di un certo tipo (e una certa dose di ansia, aggiungerei).
Come essere sicuri che un rapporto fallisca? Anche il più lampante e struggente colpo di fulmine, la storia d’amore iniziata su premesse favolistiche, rischia di essere messa in crisi da comportamenti che per certo risultano sgraditi e non accetti, da chiunque. E che fanno allontanare gli altri.
Una persona che in coppia dice sempre all’altro cosa dovrebbe fare, come dovrebbe farlo e mentre l’altro fa delle cose – che a suo modo ha imparato a fare nella sua personalissima maniera – gli ripete che le fa nel modo sbagliato? Come viene percepita?
Aspettarsi sempre delle soluzioni di vita, di coppia, di creatività e di successo dall’altro, e restare inermi mostrando solo insoddisfazione e malcontento, cosa provoca in voi, così, ad una prima impressione?
Addossare all’altro il peso e la responsabilità della nostra felicità.
Lamentarsi di una vita di coppia, soprattutto a livello sessuale, insoddisfacente e carente, attribuendo in modo esclusivo all’altro le colpe e le mancanze di questo.
Cosa ingenera nella coppia? Secondo voi? A pelle, di pancia, qual è la prima reazione?
Non voglio suggerirvi risposte, lascio volutamente aperti i quesiti per lasciare le riflessioni a voi, che magari per strategia difensiva state anche pensando: “no, non parla di me, non sono io, io lo faccio ma ho i miei motivi ed è giusto che sia così”. Magari pensando anche che è l’altro che vi porta ad avere tali atteggiamenti controllanti e francamente deresponsabilizzanti.
Attribuire totalmente all’altro la responsabilità della nostra felicità è sempre – e da sempre – un errore; quanto costruiamo noi e quanto ci aspettiamo dal partner? Quanto è trasmesso subdolamente dalla cultura che ancora vuole, anche se sempre in minor parte, è vero, che sia l’uomo a soddisfare la donna, a renderla felice, a farla uscire e divertire e donarle quel senso di realizzazione e stabilità nel mondo, senza il quale la donna è sempre alla ricerca di una collocazione dotata di un senso?
E quanto la donna lo cerca da sola, e quanto se lo aspetta dall’altro, anche dalle amicizie? Tutti sono sempre lì, pronti a gratificare o deludere, ma a quanto ammonta il nostro contributo personale nelle amicizie, ad esempio? Se invece di aspettare quella famosa telefonata si prendesse il telefono e si facesse il primo passo…se invece di sentirsi esclusi in qualche conversazione o in qualche rapporto, si cercasse qualcosa di interessante da dire, o ci si ponesse in maniera diversa e più seduttiva, o più divertente, non ci si migliorerebbe inevitabilmente?
È davvero più facile giocare il ruolo dell’escluso, far sentire in colpa gli altri per delle fantomatiche mancanze che a volte sono semplici dimenticanze, di cui occorre riappropriarsi per coglierne il senso, che è quello di capire più a fondo se ci siamo posti nella maniera giusta, consona a quella realtà di quel momento, o se si era fuori fase, in discordanza e disallineati con l’umore del momento.
Affinare quindi il proprio intuito per saper cogliere quando essere più leggeri, quando intervenire, quando l’altro ha dei suoi personali problemi che lo allontanano seppur temporaneamente da noi e saper capire, con tatto e lungimiranza, che poi tornerà, perché si va dove si sta bene, dove ci si sente accolti, e non dove ci sono tensione e pesantezza.
Creare tensione e senso di obbligo o pesantezza di un qualche genere, è la ricetta migliore, da sempre, per far fuggire chi ci sta accanto.
Dottoressa Federica Giromella
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